Le cose che una Startup dovrebbe chiedere ad un mentor

Nicoletta Boldrini
4 min readJul 8, 2018

Nel pieno delle attività dell’Entrepreneurship Lab, il percorso organizzato da Polihub con EptagonLab che ho deciso di affrontare dopo il corso EI&S — Entrepreneurship, Innovation & Startup del MIP, la Graduate School of Business del Politecnico di Milano, inizio a condividere alcune personali considerazioni sul ruolo dello Startup mentor e come, in base alla mia primissima esperienza, può risultare cruciale nello sviluppo e crescita di una Startup

Avere una laurea di per sé non è sufficiente per fare impresa, per diventare imprenditori, ancor meno se si tratta di una Startup nella sua accezione “americana” di azienda innovativa che crea un valore tale da renderla profittevole — ma soprattutto scalabile — in pochi anni.

C’è chi addirittura si spinge a dare dimensioni monetarie, ritenendo una Startup solo quell’azienda in grado di raggiungere il miliardo di dollari di fatturato prima del decimo anno dalla sua fondazione. Definizione forse un po’ azzardata, almeno per quanto riguarda gli andamenti dei mercati europei di certo meno “fertili” per le Startup rispetto ad Usa e Medio Oriente, che tuttavia ha quanto meno il pregio di escludere dalla definizione tutta quella pletora di aziende di nuova costituzione che però operano in settori maturi e con modelli già ampiamente consolidati, definibili senz’altro aziende giovani ma non certo Startup.

Eppure, anche se la Startup effettivamente c’è (e la laurea non manca, anche se non è certo la discriminante primaria), non è detto che ci siano scalabilità e successo. Il mentoring è considerato un elemento cruciale per una Stratup che desidera crescere e diventare impresa.

Quali sono gli ingredienti base necessari perché una Startup prenda forma, e qual è la “cassetta degli attrezzi” necessaria (ai mentor e agli straupper), l’ho ampiamente raccontato nel servizio pubblicato su EconomyUP dal titolo “Strategia, design thinking e open innovation: la cassetta degli attrezzi dello startup mentor”; qui, voglio riportarvi alcune considerazioni più “personali” in base all’esperienza che sto vivendo in queste settimane grazie a PoliHub ed EptagonLab.

La prospettiva che voglio dare, però, non è quella di un mentor, ma quella dello startupper perché se è vero che il mentor è un elemento chiave per la crescita dell’impresa, le Startup dovrebbero imparare a riconoscerlo e chiedere (anzi, pretendere!) alcune cose fondamentali ad un mentor.

1) Conoscenza del settore o delle tecnologie

Un mentor che conosce il settore industriale nel quale si andrà a collocare la Starup, oppure ha una conoscenza abbastanza approfondita delle tecnologie che potrebbero abilitare l’idea da cui nasce la Startup, ha sicuramente più elementi su cui costruire il proprio tutoraggio ed è in grado di riconoscere meglio alcune sfumature di business che, se non nel breve, certamente nel lungo periodo potrebbero risultare cruciali.

Questo non significa scovare il mentor che conosca tutto lo scibile possibile di un micro mercato di nicchia, ma trovare un supporto concreto da parte di chi abbia già avuto esperienza e contatti in settori vicini a quelli dove si sta collocando la Startup.

2) Approccio imprenditoriale

Se il mentor ha toccato con mano e vissuto sulla sua pelle un approccio all’imprenditorialità questo è un plus non banale per gli startupper. Approccio imprenditoriale non significa aver già fondato una Startup od essere stati titolari di una impresa ma aver vissuto in contesti di business quello che l’imprenditorialità come forma mentale (e approccio metodologico) richiede: analisi e convalidazione delle idee, raccolta di fondi e gestione operativa e temporale degli investimenti, analisi e mitigazione dei rischi, problem solving e crisis management…

Il mentor deve sapere guidare e aiutare gli startupper in momenti difficili, fargli capire come “trovare la strada”.

3) Startup e mentor, questione di chimica

Questione di chimica o questione di feeling. Chiamatela come vi pare ma l’alchimia tra mentor e startupper non può mancare. Servono empatia, fiducia, trasparenza, onestà, comunicazione, collaborazione… E se anche all’inizio questo meccanismo s’innesca, è nei “tempi duri” che se ne testa la tenuta. Momenti di sfiducia e depressione arrivano sempre in un percorso verso il successo di un’impresa; saperli superare è una dura prova per i giovani imprenditori, il mentor dev’essere lì non sostituendosi a loro ma aiutandoli a ridurre l’attrito, favorendo un clima di dibattito e discussione aperti ma guidando anche i punti di vista a fondersi per trovare una soluzione condivisa che faccia superare gli ostacoli.

4) Visione e capacità di problem solving

Al di là della buona chimica, un mentor deve saper guidare la Startup nelle decisioni importanti, quelle da cui dipende il futuro stesso dell’impresa. I giovani imprenditori, specie se alla prima esperienza con una Startup, spesso si trovano davanti alle difficoltà più disparate e la ricerca di fondi è spesso solo l’ultimo dei problemi.

Tecnologie, partner industriali, processi produttivi, mercati di riferimento e mercati paralleli, cultura organizzativa, gestione dei processi, roadmap operativa… l’elenco dei “problemi” che una Startup deve affrontare è lungo. Un mentor dev’essere in grado, attraverso una efficace metodologia e con la giusta “cassetta degli attrezzi”, di suggerire soluzioni a questi problemi in modo creativo, anche condividendo le proprie esperienze e conoscenze.

Il mentor dev’essere in grado di trasferire alla Startup anche la visione, intesa come capacità di guardare oltre il proprio progetto per costruire flussi decisionali alternativi (il piano B, il piano C…) e trovare più di una via per far crescere e consolidare l’impresa.

Pensare di fare business da soli e di avere le capacità per affrontare tutto il percorso senza l’aiuto degli altri è utopia pura. Nemmeno i grandi innovatori di ieri e di oggi si sono potuti permettere di agire in totale autonomia.

Il mentor dev’essere visto non solo come l’aiuto diretto agli startupper ma anche come colui che può “aprire un po’ di porte”, cioè sfruttare il suo network di conoscenze per trovare partner commerciali, industriali, finanziatori, fornitori…

Infondo, un buon mentor, è colui che sa che deve chiedere aiuto (e, di solito, si è costruito negli anni quel network cui sa di poter attingere).

Originally published at https://nicolettaboldrini.com on July 8, 2018.

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Nicoletta Boldrini

Independent Journalist, tech popularizer, author & speaker | Double soul: tech & humanist | Design Thinking Facilitator | Futures Literacy&Foresight Facilitator