BCG: il paradosso della produttività

Nicoletta Boldrini
2 min readJan 5, 2017

--

La tecnologia, nata per ‘liberare’ gli impiegati, si è spesso rilevata una trappola ma la digital transformation in atto potrebbe realmente ‘dare un calcio’ al paradosso della produttività restituendo all’It il ruolo di sostenitore della crescita

Il noto economista statunitense Robert Solow, vincitore del Nobel per l’economia nel 1987 per i suoi contributi alla teoria della crescita economica [secondo la quale la crescita dipende da due input — lavoro e capitale — e quando l’incremento di reddito che non risulta spiegato dall’aumento dei due input viene attribuito al progresso tecnologico — ndr], sosteneva “che la ‘computer age’ si può percepire ovunque, ma soprattutto nelle statistiche di produttività”. In realtà, guardando solo al quinquennio 1995–2000, la crescita in produttività nelle cosiddette ‘economie avanzate’ non ha affatto tenuto il passo con l’aumento della spesa It. La tecnologia avrebbe dovuto, secondo le prime teorie, ‘liberare’ le persone ed indirizzare un più produttivo impiego del loro tempo lavorativo. “Finora però non ha funzionato in questo modo”, è il monito degli analisti Elsy Boglioli, Vanessa Lyon e Yves Morieux di The Boston Consulting Group (Bcg). “Molte società hanno investito in tecnologia ma non in una vera integrazione. Hanno integrato i tool tra di loro, ma non con il modo di lavorare delle persone”.

Ed è qui che nasce il ‘paradosso’, nella visione che i tre analisti riportano nel loro articolo “The Smart Solution to the Productivity Paradox” : “la tecnologia avrebbe dovuto ‘liberare’ le persone ed invece le ha intrappolate”, scrivono. “Non deve sorprendere che da un’indagine del 2014 condotta negli Stati Uniti il 51% degli impiegati intervistati abbia dichiarato di sentirsi ‘disengaged’, non coinvolto e non partecipe nel proprio lavoro e nella propria azienda [gli analisti Bcg fanno riferimento ad una indagine di Gallup condotta su oltre 80mila persone negli Usa; nel 2016 la percentuale di insoddisfatti è salita addirittura al 70% — ndr]”.

L’alba della nuova TechEra

Ora siamo nel pieno di una nuova era tecnologica, caratterizzata dalla crescita esplosiva di dati, dalla connettività diffusa e dalla potenza di elaborazione sempre più spinta. La storia potrebbe suggerirci che gli effetti della digitalizzazione, del cloud e delle tecnologie connesse saranno di lieve entità, ma non sarà così, “i benefici saranno sostanziali”, scrivono gli analisti di Bcg. “Rispetto alle architetture del passato (complessi sistemi applicativi monolitici come Erp, Hrm, Crm databse, ecc.), oggi le tecnologie sono decisamente più flessibili e abilitanti nuove forme collaborative, basti pensare all’Agile Software Development che mediante logiche di continuous improvement inserite in processi automatizzati e digitalizzati sta scardinando le modalità con cui si sviluppa software e si scrive codice”.

Se le aziende sapranno concretamente ‘sposare’ questi nuovi approcci digitali con quello che in Bcg identificano come ‘smart simplicity’, “allora la potenza latente della tecnologia — unita a quella delle persone — potrà davvero scatenarsi”. Il concetto di ‘smart simplicity’ si basa sull’assunto, avvalorato da studi e ricerche, che le aziende risultano più produttive quando sono in grado di ‘attingere’ dall’intelligenza e dalla soddisfazione dei propri dipendenti.

E se guardiamo ai successi delle aziende native digitali come Netflix o Spotify è evidente che il ‘metodo’ si traduce in produttività e competitività di business.

--

--

Nicoletta Boldrini
Nicoletta Boldrini

Written by Nicoletta Boldrini

Independent Journalist, tech popularizer, author & speaker | Double soul: tech & humanist | Design Thinking Facilitator | Futures Literacy&Foresight Facilitator

No responses yet